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Libero Grassi....senza padroni (Cristina Donzelli)

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Libero grassi...senza padroni

Ucciso dalla mafia

 

 
Nasce a Catania il 19 luglio del 1924 e, all’età di otto anni, si trasferisce con la famiglia, a Palermo. Il nome Libero, fu scelto dai genitori, per ricordare il sacrificio di Giacomo Matteotti. A Roma, intraprende gli studi in scienze politiche, ma durante la seconda guerra mondiale, entra in seminario. Decisione presa per avversione alla guerra e al regime fascista di Benito Mussolini. Continuerà gli studi a Palermo, trasferendosi alla facoltà di giurisprudenza. Nonostante volesse fare il diplomatico, Libero, continuerà il lavoro di commerciante del padre. Negli anni 50, si trasferisce a Gallarate, ed entrato nel mondo dell’imprenditoria, decide di ritornare a Palermo, dove aprirà uno stabilimento tessile.
 Nel 1961, inizia a scrivere degli articoli politici per diversi giornali. Diventa attivista del Partito Repubblicano.
Quando Grassi, inizia a ricevere la richiesta del pizzo, ha già avuto difficoltà nell’impresa di famiglia. L’uomo, capisce subito che cedere una volta alla prepotenza mafiosa, apre le porte di una schiavitù da cui diventa difficile liberarsi. Si ribella, denuncia, e sul Giornale di Sicilia, pubblica una lettera che meglio di chiunque può spiegare, chi è stato Libero Grassi. 
“Caro estortore...
Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere…Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui". 
Il 29 agosto 1991, Libero Grassi viene assassinato dalla mafia. ?Nel 2004, per il suo omicidio, vengono condannati i boss Riina, Provenzano e Aglieri.
Se l’arma si chiama mafia, la mano che la arma, va cercata nell’indifferenza e purtroppo nell’incapacità dello Stato, ancora lontano dall’essere civile. 
Ultimamente abbiamo assistito alla guerra che una certa corrente politica, ha intrapreso contro la magistratura, e al letargo della corrente opposta, complice se non per affinità, per indifferenza, e per la mancanza di un disegno politico diverso, da contrapporre a chi sta creando una dittatura mafiosa. 
Credo che in questo Paese siamo ancora lontani, dal meritarci uomini come Libero Grassi.
 
Cristina Donzelli 

 



Immagini:

( 2 settembre 2014 )



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