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Il rigetto: a quarantanni dalla morte Peppino Impastato è ancora scomodo

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Il rigetto

 

A quarant’anni dalla morte Peppino Impastato è ancora scomodo. Il rifiuto del suo nome

 

(Salvo Vitale)

 

La recente vicenda dell’aeroporto di Comiso, intestato prima a Pio La Torre, poi al generale Magliocco e tornato ad essere da qualche giorno “aeroporto Pio La Torre”, presenta strane coincidenze con  eventi che ricordano Peppino Impastato, pur tenendo presente la diversità tra i due personaggi..

A quasi quarant’anni dalla sua morte Peppino continua a creare problemi ad alcune persone e a causare gesti di rigetto  indegni di una società civile. Dietro c’è la rabbia dei mafiosi nel constatare che egli è diventato un simbolo, uno dei più alti, nella lotta contro la mafia, ma c’è anche la preoccupazione dei “benpensanti”, che il suo esempio non possa essere di stimolo a momenti di ribellione, sia all’interno della famiglia che del tessuto sociale, o che non possa portare, nel caso più estremo e preoccupante, alla scelta politica del comunismo e alla formazione di coscienze rivoluzionarie per metterlo in pratica. Quindi ostilità mafiose, ostilità politiche e ideologiche,  ostilità sociali se non, addirittura, di minaccia all’ordine pubblico, e, in alcuni casi, anche ostilità di tipo razzista: ecco alcuni casi di “rigetto” di Peppino:  

 

Isnello

A Isnello,, un paesetto delle Madonie tradizionalmente “rosso” , il sindaco Mogavero, forse il solo sindaco italiano di Rifondazione Comunista, nel 1998 dispone, con delibera di giunta, l’intestazione di una via a Giuseppe Impastato. Il nome di Peppino viene inciso in  un grande ceppo che costeggia la strada. Il 2 settembre 2002, nel capovolgimento politico che interessa molti comuni italiani, Il nuovo sindaco di Forza Italia, dispone la rimozione del ceppo . L’intenzione è quella di rinominare la via “Vittime della mafia”. Si mobilitano i gruppi più sensibili dell’antimafia siciliana, per chiedere che il ceppo sia reinstallato e, nel corso di una manifestazione con un migliaio di persone,  faccio un ultimatum al sindaco: “se entro 15 giorni non rimetterai il ceppo al suo posto, glielo rimetteremo noi”. Passano i 15 giorni e, visto che nulla è successo,  i compagni di Isnello, sostenuti dalla popolazione,con una motopala, seguita da un corteo di gente, provvedono a rimettere il ceppo al suo posto. Naturalmente, alcuni giorni dopo, nottetempo,  il sindaco lo fa togliere di nuovo e del ceppo non si ha più nessuna notizia: il nome di Peppino è scomodo. La vicenda sarà chiusa il 23-1-2008, allorchè il nuovo-vecchio sindaco Mogavero farà reinstallare il ceppo. Si spera definitivamente

 

Ponteranica

Val la pena rileggere il comunicato dell’Associazione Impastato: “L'ultima infamia è consumata. Un oscuro sindaco di nome Alderani Cristiano di un oscuro paese dell'oscura Padania, di nome Ponteranica, in provincia di Bergamo, ha deciso, assieme ad altri suoi quattro sodali componenti della Giunta, di fare rimuovere la targa della Biblioteca Comunale, che la passata amministrazione, con delibera dell'8-05-2008, nel trentennale della morte, aveva deciso di intitolare a Peppino Impastato. La banda dei cinque esaltati è composta, oltre che dal citato sindaco, da Tironi Luca, Cornolti (un cognome che è una garanzia) Silvano, Imberti Cinzia e Manduca Elisabetta. Ci avevano già provato non appena eletti e insediati, il 14-06-2009, allorchè, con una prima vergognosa delibera avevano deciso di revocare il nome della biblioteca per intestarla a un tal "padre sacramentino Giancarlo Baggi", adducendo addirittura motivi di eccezionalità, poichè non erano ancora passati, dalla morte del "sacramentino", i dieci anni necessari per l'intestazione. Poiché la Prefettura di Bergamo aveva respinto la delibera, non ritenendo sussistere i motivi di eccezionalità, con una levata d'ingegno, non potendo sopportare quella targa che turbava i loro sonni, la banda dei cinque ha deciso di formulare una delibera di revoca del nome di Impastato, in attesa del 4-5-2010, data in cui dovrebbero decorrere i dieci anni dalla morte del padre sacramentino e si potrà mettere la nuova targa. Nel frattempo la biblioteca rimarrà senza nome. Meglio senza nome, che col nome di un terrone comunista, che infanga la comunità. Pare che siano stati tolti, dalla stessa biblioteca, i libri su Impastato: ancora non è stato disposto un rogo in pubblica piazza, ma non ci vorrà molto. Com'è detto nei "Cento passi"  "E poi chi è questo Peppino Impastato? Un nuddu mmiscatu cu nenti" .

 L’Associazione ha invitato, con una lettera, il ministro Maroni a prendere provvedimenti, ma nutre dubbi che lo stesso possa farlo nei confronti di un suo socio di partito e invita il sindaco e suoi compari, segretario comunale compreso, a studiare meglio l'italiano, perchè è un grave errore di grammatica scrivere, a proposito dei consiglieri, che "vennero convocati" (passato remoto) e che all'appello"risultano"(presente indicativo). La consecutio temporum non è acqua fresca. Domanda:“Ma non c’erano in tutto il paese altri spazi da dedicare al padre sacramentino? Perché rimuovere Peppino?” E la risposta è facile: Peppino è un terrone, oltre che essere un comunista antipatico e rompiballe. Ahimè, la miseria morale e la cialtroneria leghista che la genera hanno fatto un altro passo in avanti!!!  

Ma la vicenda non finisce qui: un gruppo di giovani, dopo la rimozione, va ad appendere una nuova targa con il nome di Peppino, che viene rimossa. Si organizza una manifestazione alla quale partecipano 7000 persone, si mobilitano Libera, L’Arci e altre associazioni.  La manifestazione si ripete ogni anno. Niente da fare. Nel giugno 2014 è cambiato il sindaco e l’amministrazione è tornata al centrosinistra: Da parte i Giovanni Impastato e delle associazioni che si sono mobilitate su questo problema, è stata inviata al nuovo sindaco una richiesta per dedicare un nuovo spazio a Peppino Impastato, non  comunque di revocare, come è stato fatto dai leghisti, il nome della biblioteca. Si vedrà.

 

 

Alberi divelti da Ponteranica a Termini

La Lega non ha bisogno di eroi, ma di pecore pronte a correre dietro a un pastore, si chiami esso Berlusca o Bossi. La Lega non ha bisogno di “cittadini del mondo” o dell'Italia, di fratelli stranieri, uomini come noi, che cercano un mondo, un modo disperato di sopravvivenza,  ma di “padani” arroccati alla loro folle voglia di sentirsi al di là di tutto e di tutti, staccati dal resto del mondo e chiusi nel loro gretto provincialismo e nei loro soldi. In tal senso la lezione di Peppino va in tutt'altra direzione e molti se ne sono resi conto. Per di più si aggiunge l'altra bravata di alcuni valorosi guerrierini in camicia verde, che hanno coraggiosamente tagliato l'albero intestato a Peppino. Un gesto non nuovo: già nell'aprile 2007 a Termini Imerese (PA) era stato divelto un albero piantato pochi giorni prima e intestato a Peppino: allora, con estremo sprezzo del pericolo, gli eroi autori del gesto  avevano anche lasciato un cartello con la scritta: “Viva la mafia”. Non ci sono molte differenze tra questa scritta e quella lasciata dagli eroici taglialegna padani:”Mè chè òle u paghèr”, che dovrebbe significare “Io qui voglio un pino”: è uguale l'intenzione di distruggere tutto quanto può ricordare un momento d'impegno contro la mafia e contro le violenze di chi detiene il potere e lo usa per difendere i propri interessi.

 

Prizzi

La giunta del comune di Prizzi, un lontano paese della Sicilia, superando mugugni e posizioni contrarie, ha deliberato, nel maggio del 2009 di intestare a Peppino Impastato un campetto di calcio. Contro questa decisione, opera dei soliti comunisti che agiscono nell’ombra, un’associazione prizzese. “Ad Maiora”, ha reagito con un lungo comunicato in cui si sosteneva che l’intitolazione non era opportuna sia perché Peppino Impastato non era uno sportivo, sia perché non era un cittadino di Prizzi : “Cosa c’entra lo sport con la mafia e principalmente con la politica? Se si vuole intitolare l’impianto sportivo  lo si faccia scegliendo un nome che ha dato lustro al Nostro caro Paese” . In una lettera di risposta ho fatto notare che, secondo questa logica non bisognerebbe intestare l’aeroporto di Punta Raisi a Falcone e a Borsellino, perché non erano aviatori, non bisogna intestare, a Prizzi, strade a Pirandello, Leopardi, D’Annunzio, perché non sono di Prizzi, non bisogna intestare, come hanno fatto i comuni di Torino e di Gaggiano sul Naviglio boschi, perché Peppino non era un boscaiolo, non bisogna intestare scuole a Pio La Torre perché non era un professore: e come ci spieghiamo allora l’ippodromo “La Favorita”? forse perchè all’amante di re Ferdinando piaceva “stare a cavallo”?. Per non parlare dell’ insinuazione che, occuparsi di antimafia,  sembra suggerire al mondo l’immagine che si tratti di un paese mafioso. La  protesta dell’Associazione è riuscita a bloccare l’intitolazione, ha addirittura causato le dimissioni dell’assessore che l’aveva proposta e si è conclusa positivamente solo due anni dopo, con un nuovo sindaco.

 

Cinisi

In contrada “Molinazzo”, località “Quattro Vanelle” e in contrada “Ulivi di Cinisi, nei pressi dell’abbeveratoio comunale, sui cartelli indicatori dei nomi delle vie, è stata  sovrapposta, da ignota mano, una scritta con la dicitura “Via Gaetano Badalamenti – vescovo”.

Le scritte sono state preparate su carta adesiva, sulla quale sono stati incollati caratteri mobili prestampati. La scritta di “Quattro Vanelle” è stata sovrapposta a quella originale, che era “Via Peppino Impastato”. I vigili urbani  hanno già rimosso questa seconda scritta, mentre l’altra, in contrada “Olivi di Cinisi”, fa ancora bella mostra di sé. L’Associazione culturale “Peppino Impastato” di Cinisi ha espresso una vibrata protesta e una ferma condanna per queste bravate che servono solo a gettare discredito sulla dignità del paese e suonano offensive nei confronti dei valori della civile convivenza; ha fatto anche rilevare anche che la promozione di un mafioso-assassino a vescovo è blasfema per chi crede nei valori della religione, ma che nessuno dei tanti “religiosi” paesani ha protestato. Tutto questo a seguito di una serie di altre scritte murali tipo “Viva la mafia”, “la mafia dà lavoro” e altre amenità  comparse in altri periodi. Nel 2003 la facciata del negozio di Giovanni Impastato, dove già qualche anno prima era stata disegnata una macabra croce e dove, nel 1985, erano stati trovati due cani uccisi a colpi di pistola, venne trovata con macchie di vernice rossa che davano l’idea del sangue gocciolante: l’Associazione Impastato, in un comunicato dal titolo: “Da strascinaquacina a imbianchini” scrisse: “Ai nostri bravi imbianchini diciamo: Pentitevi. Per voi non c’è domani. Meglio pentirsi oggi da liberi che domani in carcere. Il vostro grande capo e padre spirituale non può nemmeno esservi grato e ringraziarvi, perché  sta morendo. In prigione. In ogni caso, visto che siete così bravi a dipingere, possiamo cercarvi un lavoro” .  

 

Terrasini, Mazara, Partinico

Dopo qualche anno, a Mazara del Vallo è stato deciso di realizzare la decisione di una delibera comunale per l’intestazione di una via Peppino Impastato. Qualche giorno dopo la lapide segnaletica, realizzata in marmo, veniva spezzata e , per lungo tempo non è stata ripristinata.. Anche a Terrasini nel 2002 sono scomparse due lapidi segnaletiche del “Lungomare Peppino Impastato”, senza che l’amministrazione le abbia ripristinate. Terrasini, il paese in cui era installata Radio Aut, va anche ricordata per un ritardo di ben tre anni , per la messa in atto della delibera che prevedeva l’intestazione di una via a Felicia Bartolotta Impastato, così come tre anni sono passati a Partinico per decidere l’apposizione, già deliberata di una targa con il nome di Peppino Impastato che, in questo caso è definito “politico ucciso dalla mafia”. Ma Partinico va ricordata anche perché un bel mattino, in un muro dell’ITGC trovo scritto, con la bomboletta a spray “La mafia è bella”. Passano due giorni e la scritta è ancora là. A questo punto chiamo Pino Maniaci, di Telejato, compro una bomboletta e mi faccio riprendere mentre aggiungo sotto: “e tu sei stronzo!!”. La ripresa fa il giro della zona. L’indomani, con una velocità sospetta, il preside fa imbiancare tutto.

 

Vienna: un panino chiamato Peppino

A Vienna due intraprendenti italiani, Marco e Julia Marchetta, credendo di inventarsi una felice trovata pubblicitaria, hanno esposto in vetrina la pubblicità e, all’interno, la vendita di una serie di panini ai quali è stato dato il nome di vittime della mafia o di mafiosi.  Don Greco, Don Buscetta, Don Corleone, Don Mori, Don Falcone e Don Peppino, quest'ultimo con chiaro riferimento a Peppino Impastato. Nella descrizione del menù si legge: “Siciliano dalla bocca larga fu cotto in una bomba come un pollo nel barbecue”. Per quello su Giovanni Falcone la descrizione è invece: “Sarà grigliato come un salsicciotto”. L'appello al ministro degli esteri ha raccolto trentatremila firme, ha prodotto un intervento del ministro Bonino ed ha ottenuto l’oscuramento del sito Don Panino e la chiusura del locale, che sta traslocando altrove per qualche nuova bravata. Nella patria di Hitler si pensa di mangiare con don Peppino e non con don Adolf. E' vero che in questo mondo c'è una grande abbondanza di porci, a cominciare dai mafiosi, ma chi usa il nome delle vittime dei mafiosi per ridicolizzarle o per offenderle in un modo così idiota, pur di far soldi, è più porco degli stessi porci: è importante cercare di conoscerne indirizzo, al quale ognuno  possa recapitare un panino col suo  nome (Don Marchetta), condito con la merda. (16.6.2013 Telejato)

 

Castelvetrano

Già a Bisceglie era stata presentata una lista dell’Italia dei Valori con l’immagine di Peppino. Anche a Castelvetrano, alle elezioni  comunali,  è stata presentata una lista di Rifondazione Comunista avente come simbolo un disegno di Peppino Impastato realizzato  da Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso nel libro a fumetti “Peppino Impastato, un giullare contro la mafia”, pubblicato dalle edizioni Becco Giallo nel 2009. Questo tipo di scelta ha provocato una reazione di  Lelio Bonaccorso: “Ecco questa è una di quelle cose che mi fanno girare le scatole. Io e Marco Rizzo abbiamo sempre sostenuto ed appoggiato chi ha usato l'immagine di Peppino Impastato tratta dal nostro fumetto donandola sempre gratuitamente per fini sociali nobili, che parlassero di valori universali condivisibili da chiunque. Ma non possiamo tollerare chi la utilizza per obiettivi speculativi personali senza nemmeno chiedere il permesso con una banale e-mail. E non pretendiamo di sapere da che parte starebbe Peppino oggi per carità, ma c'è una cosa sacrosanta che si chiama diritto d'autore ed il rispetto di questo principio dovrebbe essere l'emblema del rispetto soprattutto di chi è un candidato ad una politica giusta e trasparente. Sinceramente questa è roba che vorrei fosse ritirata dato che non ne condivido ne i fini, ne le modalità speculative”. 

 

La bellezza e gli occhiali

Il recente uso di una frase del film “I cento passi” come vetrina o slogan, per la vendita di una marca d’occhiali, ha causato un dibattito sull’opportunità di usare il nome di Peppino Impastato, o tutto quanto è attribuibile a lui, come elemento di commercializzazione. Il fratello di Peppino , Giovanni, ha dato mandato al suo  legale di accertare, se ci sono estremi di reato e se  è possibile, di far revocare lo spot, sulla rete si è aperta una raccolta firme, con analoga richiesta di revoca, che ha già raggiunto 50.000 adesioni. 

Questa la frase usata:"Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore".

Lo slogan si chiude con la postilla: “da un’esortazione alla bellezza di Peppino Impastato”.

La frase è ben costruita,  recitata in modo aggressivo, all’interno di un video con immagini efficaci sul degrado causato dalla civiltà del cemento. La “furbata”, o, se si preferisce, il colpo d’ala, sta tutto in quel “da”, che giustifica la rielaborazione di quanto presente ne “I cento passi” e il suo libero riutilizzo.

Quella del film non è una “esortazione alla bellezza ” e nemmeno una poesia. Non è nemmeno una frase di Peppino Impastato o a lui attribuibile. Chi scrive può tranquillamente dichiarare di non avere mai avuto con Peppino alcun discorso di questo tipo. Si  tratta di considerazioni che gli autori della sceneggiatura del film, cioè Marco Tullio Giordana, Claudio Fava e Monica Zapelli,  mettono in bocca a Peppino e a Salvo in un contesto in cui lotta alla mafia diventa lotta contro l’abitudine, contro l’assuefazione, contro l’omologazione, ovvero la “normalità”. Nulla a che fare con il deformante messaggio comunicato dallo spot, secondo il quale un occhiale è lo strumento per vedere le cose nella loro giusta dimensione, quella della bellezza: se si tratta di un occhiale da vista esso restituirà la visione, più o meno corretta, della bruttezza realizzata dagli uomini, se di un occhiale da sole, esso offrirà particolari caratteristiche, cromatiche o di prospettiva all’interno della visione: e comunque non è detto che la colorazione si configuri come bellezza, anzi, sembra essere un veicolo dell’inganno. Va detto che il rappresentante della ditta di occhiali è venuto a Cinisi, ha chiesto scusa per non avere avvisato la famiglia e ha ritirato lo spot, che, comunque,è riuscito nel suo intento.

 

9 maggio giornata delle vittime del terrorismo.

Da qualche anno si è voluto dedicare il 9 maggio alle vittime del  terrorismo, in ricordo soprattutto della morte di Aldo Moro “ucciso come un cane dalle Brigate Rosse” (per citare una frase che lo scrivente pronuncia nel film “I cento passi”). Altre vittime del terrorismo occorre ricordare, dai morti della stazione di Bologna a quelli di Piazza Fontana, in un mostruoso progetto che, dalla fine degli anni 60 ha attanagliato l’Italia in una mossa mortale, dietro cui agivano in silenzio e con il massimo della copertura e dell’impunità neofascisti, piduisti, mafiosi, servizi segreti , partiti politici e altri violentatori della democrazia italiana. Tutto questo è passato e sembra appartenere a un altro mondo, a parte qualche cerimonia occasionale che  ricorda molto ritualmente ciò che è meglio rimuovere e dimenticare. Quello che non siamo riusciti a fare, malgrado le nostre proposte, avanzate al Presidente della Repubblica, è di associare, nell’occasione del 9 maggio, alle vittime del terrorismo, le vittime di mafia, ovvero le vittime di un terrorismo che ha ricoperto le strade d’Italia di bombe, attentati, omicidi a sangue freddo, incursioni di commandos specializzati nel seminare morte e distruzione. Cioè, ancora una volta, di associare Peppino Impastato ad Aldo Moro, entrambi morti nello stesso giorno ed entrambi vittime, da aspetti diversi, del terrorismo. Difficile trovare oltre alla data e alle modalità del delitto, altre connessioni. Si conclude che le vittime di mafia non sono vittime del terrorismo. Perché?

 

NOTA. Il quadro in immagine dititolo è del pittore Gaetano Porcasi

 

( 25 settembre 2014 )



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