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Mammaliturchi!!!

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Mammaliturchi….

 

Lo sbarco infinito, gli scafisti, molti pregiudizi, il lavoro che non c’è, buoni incassi per chi li accoglie e manodopera a 15 euro al giorno

 

Vengono dal mare stipati su barconi che a stento stanno a galla.  Pagano da mille a 3000 euro pur di trovare un posto sulle carrette del mare, procurate da scafisti senza scrupoli. Il racket del traffico di esseri umani  non ha bisogno di essere siciliano, per essere definito mafioso. Secondo il solito balletto delle cifre cui ci hanno abituato in Italia, c’è chi dice che quest’anno ne siano arrivati 80.000, chi 120.000, chi spara cifre più grosse, chi gioca brutto sulla loro pelle, presagendo invasioni, la fine della nostra identità di europei e occidentali, che diventeremmo schiavi  dei nuovi barbari, fregiati, per di più, dalle bandiere dell’Islam, da quelle di Budda, da quelle di Confucio. Anche sui morti a mare nell’immensa tomba del Mediterraneo, le cifre sono incerte e ci si orienta sui 4.000- C’è chi paventa  o denuncia furti, diffusioni di malattie infettive, tipo Ebola, Aids, Tbc e altri misteriosi virus, chi rifiuta di far frequentare la scuola al proprio figlio, se è seduto accanto a un negretto, portatore, secondo la fervida immaginazione di leghisti nordici e razzisti nostrani, di pidocchi, pulci, cimici, piattole, acari, zecche e quant’altro di quel che, sino agli anni 80 circolava nelle nostre case, fino a quando non è stato debellato con il micidiale DDT e con altri insetticidi, oltre che con un diverso rapporto con l’igiene.  Si dice che il 40% di essi siano siriani, o comunque, provenienti da zone di guerra: in tal caso, per condizione umanitaria, l’ospitalità è d’obbligo. E l’altro 60%?   Si dice che si avventurino in mare perché sanno di poter contare sull’aiuto della marina italiana, mentre le navi di altra nazionalità li lascerebbero affondare senza alcuna pietà. Il governo italiano, per alleggerire la violenza della propaganda razzista, tenta di schermirsi dicendo che la colpa è dell’Europa che non interviene e non si vuole fare carico del problema, ma che egli continua a intervenire tramite l’operazione Mare Nostrum, che tuttavia non è stata rifinanziata per l’anno prossimo. Gli altri governi europei rispondono di avere raggiunto il punto di saturazione di extracomunitari, che, con cifre alla mano, supererebbe, almeno di dieci volte quello dei presenti in Italia e ribattono affermando che all’Italia sono già state date ingenti risorse per far fronte al problema.  Di fatto gran parte di coloro che arrivano dal mare sono stipati in centri d’accoglienza, molto simili ai lager nazisti, praticamente delle prigioni in cui soggiornano sino a quando non sono distribuiti su strutture di ricezione presenti in tutto il territorio nazionale, ma particolarmente nel sud Italia, in attesa, prima della loro identificazione, poi del rilascio del permesso di soggiorno.  Il soggiorno in queste strutture è pagato, a chi accoglie i profughi, 40 euro al giorno, 80 euro per i minori, versati in parte dalla Prefettura, in parte dai comuni  ospitanti, mentre agli “internati” viene dato un “obolo”  di 2 euro e venti centesimi. Spesso le comunità d’accoglienza sono rifornite di vestiario, scarpe e altri generi di sopravvivenza. I tempi per il rilascio del sospirato permesso sono lunghi perché, da quel che si sa, le prefetture riescono ad evadere quattro-cinque casi al giorno: è inevitabile chiedere quanti sono e che cosa fanno questi impiegati nel resto della giornata. Non c’è dubbio comunque che la consistente paga invogli chi dispone di locali idonei o resi tali, a metterli a disposizione. Qualche giorno fa ha suscitato indignazione, sdegno e scalpore la proposta di offrire 900 euro al mese ad ogni famiglia disponibile ad ospitare un profugo, ma, superato lo stupore del primo minuto, c’è da considerare che, rispetto ai 1200 euro al mese che riceve il gestore della comunità per ogni ricoverato, si risparmierebbero 300 euro e i profughi godrebbero di condizioni di gran lunga più favorevoli, rispetto a quelle in cui sono tenuti e stipati. Da tutto ciò nascono malumori, mugugni, ribellioni, indignazioni, intolleranze e altre gravi conseguenze. La prima lamentela nasce dal malinteso che i 40 euro al giorno siano dati ai clandestini e non ai titolari delle strutture d’accoglienza. Quindi si tratta di denaro che resta nelle tasche di alcuni Italiani: i soliti arrabbiati dicono che è sottratto dalle tasche di altri italiani, cioè di quelli che pagano le tasse, ma in realtà buona parte proviene da fondi europei.  E’ pensabile, anzi è certo, che qualsiasi disoccupato “italiano” che non  ha una lira in tasca e cerca disperatamente un lavoro per sopravvivere,  accetterebbe, non tanto di essere mantenuto, ma anche di lavorare per quella cifra. Non parliamo di coloro che, per cercare lavoro, vanno all’estero, anche se non su un barcone. Ma un italiano non viene da zone di guerra. Addirittura si potrebbe ipotizzare che, se i 40 euro giornalieri, più 2,20 centesimi, fossero dati ai clandestini vaganti, questi potrebbero addirittura accantonarne una parte, perché, a conti fatti, nella nazione che li ospita, si può vivere anche con molto di meno. E avendo come sfamarsi e sopravvivere, alcuni momenti di delinquenza comune,   verrebbero meno. Ma la riflessione è solo ipotizzabile, non realistica, dal momento che c’è in Italia, in tutta la stampa e nell’opinione comune che essa riesce a mobilitare, l’impostazione, non solo la tendenza, a ritenere responsabili di tutti gli atti di delinquenza, o della maggior parte di essi, gli extracomunitari, i nomadi-zingari e, comunque tutti quelli che hanno un’etnia diversa. Secondo le regole, già dettate da Mussolini ai giornalisti e sempre valide, quando i responsabili di delitti sono italiani, la notizia passa tra quelle secondarie, quando sono stranieri, veri o presunti,  i titoli sono amplificati: è l’antico pregiudizio secondo cui gli stranieri sono sempre più colpevoli degli indigeni, sia perché gli indigeni si ritengono sempre migliori degli  stranieri, sia perché  questi  violano le leggi dell’ospitalità e, commettendo un delitto, si dimostrano ingrati rispetto al paese che li accoglie. E poi c’è l’ultima feroce e ipocrita accusa: gli stranieri tolgono lavoro ai locali, i quali sono costretti ad andare via. Il problema è serio: esistono stranieri che, come facevano gli Italiani emigrati in America ai primi del Novecento, fanno tutta una serie di lavori che ormai gli Italiani non fanno più:  lavori umili, manuali, che richiedono sacrificio, accettazione passiva di regole spesso disumane, riduzione in una condizione di schiavitù degna d’altri tempi: badanti 24 ore, cameriere, serve, manovalanza varia per lavori agricoli e industriali molto pesanti, paga irrisoria rispetto alle quotazioni di lavoro della piazza, lavoro nero e nessuna norma di sicurezza. Ma è anche vero che l’offerta di mano d’opera a costi irrisori rompe la piazza e il bracciante abituato a guadagnare cinquanta euro al giorno (cui sono da aggiungere altri trenta euro di contributi, quando c’è la “messa in regola”, ) non può competere con chi si accontenta di quaranta o di trenta euro. Va calcolato anche che esiste un circuito che riprende quasi interamente questo denaro attraverso la quota trattenuta dal  “caporale” che offre e organizza il lavoro, gli spostamenti, il cibo, il posto in cui dormire e, persino il vestiario.  L’abbondanza di stranieri parcheggiati in strutture d’accoglienza ha causato un ulteriore abbassamento dei costi del lavoro, al punto che si è creato una sorta di mercato sotterraneo di manodopera addirittura a 15 euro per una giornata di lavoro, purchè si assicuri il pasto. Addirittura, coloro che usufruiscono di questa manodopera a buon mercato sono diffidati, da chi si incarica di segnalarli,  dall’aumentare la tariffa, per non rompere la piazza. Non sembra che ci siano diffuse condizioni di caporalato o racket del mercato del lavoro. Per quanto consta gli immigrati non si dispiacciono di questa condizione di sfruttamento, anzi pare che accettino volentieri l’offerta di qualsiasi lavoro, pur di non restare immobili e inutili anche a se stessi. Ce n’è abbastanza per creare una sorta di muro con questa gente che vende tutto, fugge ed è disposta a rischiare la vita propria e della propria famiglia nell’illusione di un avvenire migliore. Ottenuto il permesso di soggiorno e spesso anche senza di questo, spariscono e vanno a cercare di sopravvivere nel resto d’Europa. Un discorso a parte meritano i cinesi, che arrivano senza problemi, con le tasche gonfie di soldi,  aprono negozi, dispongono di rifornimenti di merce, ottengono le licenze, addirittura offrono lavoro, assumendo commesse. Troppo presto per dire ancora, con certezza, se, sotto a tutto questo, non ci sia un racket mafioso di controllo delle attività. L’Italia è arrivata molto tardi a fare i conti con la multietnicità, diversamente da altre nazioni europee, che una volta avevano imperi coloniali, e che hanno da tempo imparato a convivere con questa gente,  ormai  cittadina a pieno titolo della nazione che li ospita. Tra gli Italiani c’è invece chi si augura che tutti i barconi carichi possano naufragare, chi chiede che gli sbarcati possano essere rimandati nei paesi d’origine, chi propone di prenderli a cannonate, chi vorrebbe che questa gente imparasse ad usare le armi per difendere la propria casa e le proprie idee, cioè si rendesse protagonista del proprio futuro senza sperare di potere contentarsi delle briciole degli altri. Insomma, siamo in presenza di guerre tra i poveri, di indegne speculazioni politiche che tentano di scaricare su gente debole e indifesa le colpe  e le responsabilità di anni di malgoverno, gli effetti  della corruzione e tutte le escrescenze malate del capitalismo. “Se non state attenti i mass media vi faranno odiare le persone oppresse e amare quelle che opprimono”, dice Malcom X. Siamo ancora il settimo paese più ricco del mondo e, rispetto ai luoghi da dove proviene questa gente, le nostre condizioni di  vivibilità sono di gran lunga migliori, ma  va preso atto che ormai , anche da noi, c’è ben poco da spolpare,  “non c’è più trippa per gatti”.  L’impressione è che i gatti non sono i migranti dei barconi, ma coloro che usano la loro forza lavoro a costo bassissimo. Le cose sono cioè all’opposto di come ce le presentano i razzisti nostrani. Una volta i pirati turchi arrivavano a bordo dei loro schifazzi e rapivano le donne siciliane per andarle a vendere sui mercati orientali, fino a quando i  marinai siciliani non si stufarono e, a bordo delle loro veloci paranze non si misero a rapire i turchi, nei loro covi tunisini, per chiedere loro il riscatto. (vedi Denis Mack Smith). Adesso non abbiamo neanche bisogno di rapirli: ci cadono in bocca.

 

 Salvo Vitale

( 14 ottobre 2014 )



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