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Gratteri: riformare la normativa sui beni confiscati (A.Pettinari)

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Gratteri: “La riforma dell'agenzia per i beni confiscati deve essere una priorità”

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gratteri-nicola-web10di Aaron Pettinari - 23 febbraio 2015
La proposta: “La destinazione finale da anticipare prima della condanna definitiva”
“L'Agenzia per il sequestro e la confisca dei beni sottratti alla criminalità così come è oggi non funziona”. E' questa la conclusione che si evince nella relazione elaborata dalla Commissione per l'elaborazione di proposte normative in materia di lotta alla criminalità, di cui il pm reggino Nicola Gratteri è presidente. “Se da un lato vi è la piena consapevolezza che strumento fondamentale per la lotta al crimine mafioso ed economico sia l’aggressione ai beni di provenienza illecita - è scritto nella relazione - solo di recente si è compresa l’importanza di rimettere in un circuito legale tali proventi di origine illegale una volta che lo Stato se ne sia appropriato definitivamente. Si tratta di capitali che non solo devono concorrere alla ripresa economica del Paese, ma soprattutto devono favorire la rinascita di un sistema imprenditoriale legale”.

I numeri purtroppo parlano chiaro ed appare evidente come la normativa vigente non soddisfi appieno questo intento. Dai dati acquisiti ed esaminati dal sito dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati “emerge che il numero dei beni sequestrati e confiscati è pari a 12944 (dati aggiornati al 7 gennaio 2013) di cui 1707 aziende”. Secondo le stime “ad oggi falliscono (o sono poste in liquidazione ovvero sono cancellate perché prive di beni) più del novanta per cento delle attività produttive interessate da provvedimento di sequestro seguito da confisca definitiva”. Inoltre “ad oggi risulta che in Italia sono in attesa di destinazione definitiva beni per un valore pari a 2-3 miliardi di euro”. Anche se nella relazione il tema dei beni confiscati è inserito al 23°posto Gratteri in più di un'occasione ha manifestato le problematiche da affrontare. Una dei punti chiave riguarda le banche. Troppo spesso queste ultime bloccano i finanziamenti una volta che le imprese passano in mano all’amministrazione giudiziaria. Ulteriori difficoltà emergono poi dal calo delle commesse e dall’inevitabile aumento dei costi di gestione dovuto al processo di legalizzazione dell’azienda, essendo necessario porre rimedio alla frequente mancanza di scritture contabili attendibili, che passa dal pagamento di oneri fiscali e contributivi e dalla regolarizzare dei rapporti di lavoro e dall'applicazione della normativa antinfortunistica. “Tali circostanze – evidenzia la relazione - comportano, inevitabilmente, l’altissimo rischio dell’uscita dell’impresa dal mercato. Dette difficoltà, peraltro, sono 'amplificate' dal lungo lasso di tempo che solitamente intercorre tra il provvedimento di sequestro e la confisca definitiva che segna il momento in cui l’Agenzia può provvedere alla destinazione delle aziende”. Altro problema è quello dell'incapacità dello Stato, agli occhi della collettività, “di provvedere anche solo alla loro conservazione”. 

Soluzioni possibili
Secondo la Commissione è però possibile intervenire. La prima mossa è quella di investire in termini di personale e risorse sull'Agenzia per il sequestro e la confisca dei beni. “Si assumano quanti servono, non dobbiamo porre un limite - ha detto di recente Gratteri - Serve personale specializzato e qualificato, da acquisire tramite concorso. Sia i dipendenti dell’agenzia che i vertici devono essere altamente qualificati”. In questa maniera cambierebbe anche il profilo del Direttore dell’Agenzia sia la composizione del Consiglio direttivo. Secondo il pm reggino, il primo verrebbe “scelto tra esperti nella gestione di beni/aziende private o di settori pubblici complessi; quanto alla seconda si prevede di sostituire i due esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali, designati di concerto dai Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze, con un esperto in materia di gestioni patrimoniali, un esperto di gestioni aziendali ed uno che sappia di progetti di finanziamento europei e nazionali”, scelti di concerto tra ministero dello Sviluppo e Tesoro. Un altro punto fondamentale è la formazione degli amministratori giudiziari per cui vengono stabiliti criteri per l'affidamento di incarichi con trasparenza e in numero definito, prevedendo anche casi di revoca e decadenza.

La destinazione dei beni
Altra questione delicata è la destinazione dei beni confiscati, con la possibilità di anticipare la destinazione finale delle aziende prevista oggi solo dopo la condanna definitiva. Allo stato attuale infatti, se si attende la sentenza di Cassazione, il rischio è che a quel punto le stesse siano già fallite. Con la riforma le imprese verrebbero affidate all'agenzia già dopo la condanna in primo grado.
Non mancherebbero poi le cautele in quanto “Le somme ricavate dalla vendita 'anticipata' delle aziende, inoltre, confluiscono nel Fondo Unico giustizia cui attingere nel caso in cui la misura patrimoniale non venga confermata in via definitiva e si renda, dunque, necessario assicurare al titolare dell’azienda la restituzione per equivalente del bene da rivalutare secondo il tasso annuo d’inflazione”.
Per quanto riguarda i beni mobili la Commissione propone di ampliare le possibilità di “affidamento anticipato, sin dal momento del sequestro” mentre per i beni immobili la questione è più complessa. Spesso accade che le proprietà sequestrate ai boss finiscano per essere gestite dai loro parenti. Inoltre c'è da evitare il deperimento di questi beni che in diversi casi restano inutilizzati. La Commissione, come possibile modalità di intervento, propone di anticipare la pubblicizzazione dei beni che sono vicini alla confisca di primo grado, anche – visto il pubblico interesse - utilizzando la Rai in quanto “la possibilità di promuovere in maniera più massiccia i beni sequestrati permetterebbe, già dalla fase del sequestro, di individuare destinazioni che potrebbero essere poi quelle definitive”. Ed è anche per questo motivo che nelle previsioni della Commissione c'è anche lo spostamento della sede centrale dell'Agenzia da Reggio Calabria a Roma, dove la gestione risulterebbe più efficiente e sotto il controllo della presidenza del Consiglio e non del ministero dell'Interno.

(Antimafiaduemila)

( 3 marzo 2015 )



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