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Lacerazioni (Salvo Vitale)

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28 MAGGIO: lacerazioni

 

Scopro di non essere diverso da quell’agave fiorita, abbarbicata in alto sulla scogliera della Pietra Vila, in coito con il cielo azzurro:

 

“Mia vita è questo secco pendio…..

è dessa ancora questa pianta

che nasce dalla devastazione

e in faccia ha i colpi del mare ed è sospesa

 fra erratiche forze di venti”.

 

 

Torno a casa, dopo aver fatto una trasmissione su Salvo Lima, sulle sue collocazioni politiche passate e su quella attuale di andreottiano, sulle sue collusioni e complicità con i mafiosi, a partire dai fratelli Salvo, i grandi gabellieri, amici di Badalamenti e sulle 1260 volte in cui il suo nome ricorre negli atti della Commissione Antimafia. Stiamo pensando, con Umberto, di preparare un dossier sul personaggio, che è diventato europarlamentare con oltre 350.000 voti e di farlo presentare, tramite Mario Capanna, anche lui europarlamentare, a Strasburgo. Quando, qualche tempo dopo, lo faremo, il PCI voterà contro la richiesta di dimissioni di Lima. Mia madre mi aspetta davanti alla porta, visibilmente alterata. Mi guarda, non so se con rabbia, con disprezzo, con compassione, con amore e mi urla:

 -“Quando t’ ammazzano mi vestu di russu”.

Mi rendo conto. Le nostre scelte politiche hanno causato lacerazioni familiari in tutto il gruppo, a cominciare da Peppino. Lacerazioni per le quali abbiamo pagato prezzi altissimi, dalla mancanza di lavoro, a quella di rapporti umani e sociali, alle difficoltà nella stessa sopravvivenza e nella risposta ad elementari bisogni. E’ una rottura senza precedenti, e non solo per la collocazione politica, ma soprattutto per il mancato rispetto nei riguardi degli uomini d’onore, la cui forza e la cui soddisfazione sta nell’essere ossequiati e riveriti. I nostri parenti ci tengono ad appartenere alla grande famiglia che ha, come patriarca, il capomafia, il burattinaio che tiene in mano tutti i fili, dal sindaco, al parroco, al maresciallo. Per loro è il punto di riferimento, il “pezzo grosso” cui ricorrere in qualsiasi momento e per qualsiasi necessità. Il rifiuto delle regole del gruppo significa essere posti ai margini, rinunciare a un posto dignitoso nella scala gerarchica sociale, non essere riconosciuto, essere solo, non aver cura né di se stessi né del futuro dei propri figli. Non ho mai capito fino a che punto questo è amore o voglia di vedere realizzate le proprie mancate aspirazioni attraverso i figli, oppure, ancora, voglia di conservazione degli equilibri sociali secolarmente sedimentati, dove la paura è diventata cultura, la dignità ha dato posto al servilismo, il rispetto di se stessi è stato sacrificato al rispetto delle regole del clan.

 

Di colpo mi sembra quasi di essermi scordato di un appuntamento. Corro a mare, mi spoglio, mi tuffo in acqua e mi metto a nuotare verso il sole che sta tramontando, tracciando una strada di luce nell’acqua. Scarico tutte le mie tensioni e solo quando sono stanco mi fermo, noto che la spiaggia è ormai lontana e che, al solito posto, c’è quasi un puntino nero, sicuramente è lui, Pietro. Quando torno, a bracciate lentissime, è già buio da tempo.

 

Dal libro di Salvo Vitale  “Cento passi ancora” (Rubbettino)

( 1 luglio 2015 )



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