/ Archivio notizie e iniziative | BlogAut | 9MAGGIO | Notizia

La pistola di Sgalambro (Marcello Faletra) 

decresce la grandezza del testo Resetta la grandezza del testo Incrementa la grandezza del testo

 La pistola di Sgalambro

Marcello Faletra

 

 

Il rosso marziano illumina le notti

e il balenare dei sogni ne riluce.

Che bel rosso amici

 

 Mi chiedo: perché Sgalambro per anni ha vissuto con una pistola accanto? La teneva nascosta in uno scaffale della sua biblioteca. Un giorno, mai arrivato, l’avrebbe presa e l’avrebbe fatta finita, per sempre. Non lo ha fatto. Eppure, questa possibilità lo ha accompagnato per oltre cinquant’anni, come mi ha confessato.

Una volta gli chiesi perché non l’avesse ancora usata, e cosa lo avesse portato a rinviare il suicidio. “Il tempo dei suicidi - mi disse - è passato. Ha perso il sapore della sfida. Che dirti…Marcello, davanti alla vita o si vince o si perde. Ti rode come una bestia. Ti insulta. Ti umilia. E a volte quando ti vuole sorridere può essere troppo tardi. Una volta la vita spezzata d’un colpo poteva diventare un’immagine indelebile come una visione metafisica alla Kant. Ma mi diverto lo stesso…con la vita. La fine di una vita come la fine del mondo non sta fuori di noi, ma dentro di noi”.

Liquidarsi dunque significava un precipitare del tempo che ti resta, ma deciso da te, non da altri o da circostanze esterne. Tutto il tempo in una sola volta. Il tempo di una vita in un’illuminazione senza più tempo, con un solo colpo, fatale. Battute del genere gli appartenevano. In fondo a quel gesto ci credeva a metà.

In un mondo, dove il suicidio è colpevolizzato perché dipendente dalla legge del valore - nessuno ha il diritto di sottrarre la propria vita al capitale - esso non può che rappresentare una forma sovversiva di fronte alla mercificazione della vita. “In fondo ogni vita, oggi, non è che una particella di capitale da sfruttare o un resto senza più valore” mi disse durante un pranzo. Forse la sua pistola sta dietro la prima traduzione italiana del Capitale di Marx che stranamente si trova a fianco all’opera di Nietzsche? Ma non importa questo. Importa, invece, che in un certo senso quella pistola per lui era uno stimolante metafisico: integrava le sue incursioni teoriche. Anzi, a volte le rovesciavano con una battuta di spirito. La pistola come i suoi frammenti di pensiero facevano parte dei suoi “capricci”. Animava la sua indifferenza in materia di vita e di morte, verso cui nutriva una diffidenza metafisica, a cui però contrapponeva le illusioni (“non ho mai amato le presunte certezze dei filosofi, io amo le illusioni della metafisica, amo la forma che queste illusioni assumono come una quadro o una rappresentazione teatrale”, mi disse). E in effetti, come ha scritto nel trattatello sul “Delitto”: l’età del suicidio è tramontata, non quella però del capriccio, verso cui era votato. E la vita come la morte, erano per lui sfide di fronte alle quali occorreva esprimere un gesto di libertà dalla vita e dalla morte. Vincendo la paura della morte, questa cessa di esistere.

E quella pistola rappresentava la materializzazione estrema di una libertà senza vincoli. Un atto di volontà senza negoziazioni.

La pistola in compagnia dei libri era la caricatura, la parodia, lo smascheramento del pensiero che si vuole serioso e pedante, come la “filosofia statale” o la “filosofia come passatempo” secondo l’espressione di Schopenhauer, che Sgalambro amava molto. Per lui la filosofia era una questione di onore: “Caro Marcello: un mio piccolo segreto: credo onestamente all’onore della filosofia”; e la pistola altro non era per lui che una caricatura mortale del pensiero. Era diretta contro la sua autorità, rispetto alla quale ne è stato un avversario inattuale.

In fondo la pistola nascosta tra i libri smascherava e rendeva comiche o futili quei pensieri che si vogliono troppo veri, e dunque rasentano la comicità.

La pistola era l’equivalente di un’ammonizione: dopo tutto, anche i più grandi pensieri “marciscono” come un teschio barocco. Tutto un giorno è destinato a finire: questo è stato per Sgalambro la presenza di quella pistola. Quasi come un’icona anticipata dell’irreversibile fine del mondo…Divertiamoci, dunque, prima che sia troppo tardi…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il rosso marziano illumina le notti

e il balenare dei sogni ne riluce.

Che bel rosso amici

 

 Mi chiedo: perché Sgalambro per anni ha vissuto con una pistola accanto? La teneva nascosta in uno scaffale della sua biblioteca. Un giorno, mai arrivato, l’avrebbe presa e l’avrebbe fatta finita, per sempre. Non lo ha fatto. Eppure, questa possibilità lo ha accompagnato per oltre cinquant’anni, come mi ha confessato.

Una volta gli chiesi perché non l’avesse ancora usata, e cosa lo avesse portato a rinviare il suicidio. “Il tempo dei suicidi - mi disse - è passato. Ha perso il sapore della sfida. Che dirti…Marcello, davanti alla vita o si vince o si perde. Ti rode come una bestia. Ti insulta. Ti umilia. E a volte quando ti vuole sorridere può essere troppo tardi. Una volta la vita spezzata d’un colpo poteva diventare un’immagine indelebile come una visione metafisica alla Kant. Ma mi diverto lo stesso…con la vita. La fine di una vita come la fine del mondo non sta fuori di noi, ma dentro di noi”.

Liquidarsi dunque significava un precipitare del tempo che ti resta, ma deciso da te, non da altri o da circostanze esterne. Tutto il tempo in una sola volta. Il tempo di una vita in un’illuminazione senza più tempo, con un solo colpo, fatale. Battute del genere gli appartenevano. In fondo a quel gesto ci credeva a metà.

In un mondo, dove il suicidio è colpevolizzato perché dipendente dalla legge del valore - nessuno ha il diritto di sottrarre la propria vita al capitale - esso non può che rappresentare una forma sovversiva di fronte alla mercificazione della vita. “In fondo ogni vita, oggi, non è che una particella di capitale da sfruttare o un resto senza più valore” mi disse durante un pranzo. Forse la sua pistola sta dietro la prima traduzione italiana del Capitale di Marx che stranamente si trova a fianco all’opera di Nietzsche? Ma non importa questo. Importa, invece, che in un certo senso quella pistola per lui era uno stimolante metafisico: integrava le sue incursioni teoriche. Anzi, a volte le rovesciavano con una battuta di spirito. La pistola come i suoi frammenti di pensiero facevano parte dei suoi “capricci”. Animava la sua indifferenza in materia di vita e di morte, verso cui nutriva una diffidenza metafisica, a cui però contrapponeva le illusioni (“non ho mai amato le presunte certezze dei filosofi, io amo le illusioni della metafisica, amo la forma che queste illusioni assumono come una quadro o una rappresentazione teatrale”, mi disse). E in effetti, come ha scritto nel trattatello sul “Delitto”: l’età del suicidio è tramontata, non quella però del capriccio, verso cui era votato. E la vita come la morte, erano per lui sfide di fronte alle quali occorreva esprimere un gesto di libertà dalla vita e dalla morte. Vincendo la paura della morte, questa cessa di esistere.

E quella pistola rappresentava la materializzazione estrema di una libertà senza vincoli. Un atto di volontà senza negoziazioni.

La pistola in compagnia dei libri era la caricatura, la parodia, lo smascheramento del pensiero che si vuole serioso e pedante, come la “filosofia statale” o la “filosofia come passatempo” secondo l’espressione di Schopenhauer, che Sgalambro amava molto. Per lui la filosofia era una questione di onore: “Caro Marcello: un mio piccolo segreto: credo onestamente all’onore della filosofia”; e la pistola altro non era per lui che una caricatura mortale del pensiero. Era diretta contro la sua autorità, rispetto alla quale ne è stato un avversario inattuale.

In fondo la pistola nascosta tra i libri smascherava e rendeva comiche o futili quei pensieri che si vogliono troppo veri, e dunque rasentano la comicità.

La pistola era l’equivalente di un’ammonizione: dopo tutto, anche i più grandi pensieri “marciscono” come un teschio barocco. Tutto un giorno è destinato a finire: questo è stato per Sgalambro la presenza di quella pistola. Quasi come un’icona anticipata dell’irreversibile fine del mondo…Divertiamoci, dunque, prima che sia troppo tardi…

 

 

 

 

La pistola di Sgalambro

Il rosso marziano illumina le notti

e il balenare dei sogni ne riluce.

Che bel rosso amici

Marcello Faletra

 

 Mi chiedo: perché Sgalambro per anni ha vissuto con una pistola accanto? La teneva nascosta in uno scaffale della sua biblioteca. Un giorno, mai arrivato, l’avrebbe presa e l’avrebbe fatta finita, per sempre. Non lo ha fatto. Eppure, questa possibilità lo ha accompagnato per oltre cinquant’anni, come mi ha confessato.

Una volta gli chiesi perché non l’avesse ancora usata, e cosa lo avesse portato a rinviare il suicidio. “Il tempo dei suicidi - mi disse - è passato. Ha perso il sapore della sfida. Che dirti…Marcello, davanti alla vita o si vince o si perde. Ti rode come una bestia. Ti insulta. Ti umilia. E a volte quando ti vuole sorridere può essere troppo tardi. Una volta la vita spezzata d’un colpo poteva diventare un’immagine indelebile come una visione metafisica alla Kant. Ma mi diverto lo stesso…con la vita. La fine di una vita come la fine del mondo non sta fuori di noi, ma dentro di noi”.

Liquidarsi dunque significava un precipitare del tempo che ti resta, ma deciso da te, non da altri o da circostanze esterne. Tutto il tempo in una sola volta. Il tempo di una vita in un’illuminazione senza più tempo, con un solo colpo, fatale. Battute del genere gli appartenevano. In fondo a quel gesto ci credeva a metà.

In un mondo, dove il suicidio è colpevolizzato perché dipendente dalla legge del valore - nessuno ha il diritto di sottrarre la propria vita al capitale - esso non può che rappresentare una forma sovversiva di fronte alla mercificazione della vita. “In fondo ogni vita, oggi, non è che una particella di capitale da sfruttare o un resto senza più valore” mi disse durante un pranzo. Forse la sua pistola sta dietro la prima traduzione italiana del Capitale di Marx che stranamente si trova a fianco all’opera di Nietzsche? Ma non importa questo. Importa, invece, che in un certo senso quella pistola per lui era uno stimolante metafisico: integrava le sue incursioni teoriche. Anzi, a volte le rovesciavano con una battuta di spirito. La pistola come i suoi frammenti di pensiero facevano parte dei suoi “capricci”. Animava la sua indifferenza in materia di vita e di morte, verso cui nutriva una diffidenza metafisica, a cui però contrapponeva le illusioni (“non ho mai amato le presunte certezze dei filosofi, io amo le illusioni della metafisica, amo la forma che queste illusioni assumono come una quadro o una rappresentazione teatrale”, mi disse). E in effetti, come ha scritto nel trattatello sul “Delitto”: l’età del suicidio è tramontata, non quella però del capriccio, verso cui era votato. E la vita come la morte, erano per lui sfide di fronte alle quali occorreva esprimere un gesto di libertà dalla vita e dalla morte. Vincendo la paura della morte, questa cessa di esistere.

E quella pistola rappresentava la materializzazione estrema di una libertà senza vincoli. Un atto di volontà senza negoziazioni.

La pistola in compagnia dei libri era la caricatura, la parodia, lo smascheramento del pensiero che si vuole serioso e pedante, come la “filosofia statale” o la “filosofia come passatempo” secondo l’espressione di Schopenhauer, che Sgalambro amava molto. Per lui la filosofia era una questione di onore: “Caro Marcello: un mio piccolo segreto: credo onestamente all’onore della filosofia”; e la pistola altro non era per lui che una caricatura mortale del pensiero. Era diretta contro la sua autorità, rispetto alla quale ne è stato un avversario inattuale.

In fondo la pistola nascosta tra i libri smascherava e rendeva comiche o futili quei pensieri che si vogliono troppo veri, e dunque rasentano la comicità.

La pistola era l’equivalente di un’ammonizione: dopo tutto, anche i più grandi pensieri “marciscono” come un teschio barocco. Tutto un giorno è destinato a finire: questo è stato per Sgalambro la presenza di quella pistola. Quasi come un’icona anticipata dell’irreversibile fine del mondo…Divertiamoci, dunque, prima che sia troppo tardi…

 

 

 

 

 

 

( 18 marzo 2014 )



Ci sono 0 commenti sulla notizia