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Le ultime indagini di Falcone (E.Ruffino)

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La Gladio siciliana, Rostagno e le ultime indagini di Falcone

I misteri della provincia trapanese e il filo che lega Mauro Rostagno, Giovanni Falcone, Nino Agostino ed Emanuele Piazza

La Gladio siciliana, Rostagno e le ultime indagini di Falcone

Una parola, archiviazione, sigilla i misteri di una provincia – quella trapanese – tra le più impenetrabili della Sicilia. Gli inquirenti sono finiti spesso all’interno della matassa, hanno provato a scioglierla ma alla fine, complici i depistaggi, sono giunti a riporre il tutto all’interno di un cassetto. Oppure qualcuno, con l’intuito sopraffino, ha capito e filmato tutto e qualche altro ha indagato fino alla morte. Cosa lega infatti Mauro RostagnoGiovanni FalconeNino Agostino ed Emanuele Piazza? Se lo sono chiesto parecchie persone e tutte le ipotesi vertono sulla pista “militare”. Ci sono tanti elementi che, messi insieme come un puzzle, possono indurre a nuove consapevolezze. Giovanni Falcone, ad esempio, in un arci-nota intervista rilasciata al giornalista Saverio Lodato dell’Unità, parlava di “menti raffinatissime”. Ma chi erano?

All’indomani della scomparsa dell’agente del Sisde Emanuele Piazza, l’allora procuratore aggiunto Giovanni Falcone volle seguire personalmente le indagini. Lo dice Alfredo Morvillo, fratello della compagna del giudice e in quel momento titolare dell’inchiesta contro ignoti aperta a seguito della sparizione, interrogato dal pm della Dda di CaltanissettaLuca Tescaroli:  «ricordo che se ne parlava allora, perché io allora mi occupavo del procedimento a carico di ignoti relativo alla scomparsa di Emanuele Piazza. Me ne sono occupato io e ricordo che già il dottore Falcone era in Procura, se non ricordo male, già era Aggiunto, e lui stesso volle seguire… volle seguire personalmente le indagini relative alla scomparsa di Emanuele Piazza».

E incalzato dal pm che gli chiedeva se Falcone avesse correlato il fallito attentato all’Addaura con la sparizione del Piazza, Morvillo mette sul piatto dell’interrogatorio particolari interessanti: «(…)sapeva benissimo (Falcone, nda) che il sequestro… un sequestro effettuato presso l’abitazione di Emanuele Piazza, il sequestro di una muta da sub e di attrezzature varie da sub, che, così, per quella che è la prassi operativa in questo tipo di indagine, cioè la scomparsa di un individuo, in sede di perquisizione andare a sequestrare una muta da sub non è una qualche cosa che solitamente accade. Il sequestro di oggetti che quantomeno in primo acchito non hanno nessuna attinenza con la scomparsa del soggetto di cui si tratta. In quel caso invece non in sede di prima perquisizione, ma in un secondo momento, a distanza di poche ore, gli ufficiali di Polizia Giudiziaria della Squadra Mobile ritennero di sequestrare questa muta da sub, effettuando un collegamento fra il rinvenimento di questa muta nell’abitazione del Piazza, le ipotesi investigative che non venivano scartate, e cioè della vicinanza del Piazza ai Servizi segreti ed ogni eventuale pista investigativa per quello che poteva riguardare l’attentato all’Addaura. Facendo questo tipo di ragionamento venne sequestrata questa muta da sub; ripeto, ipotesi investigativa di cui il dottore Falcone era perfettamente a conoscenza e che certamente non riteneva manifestamente infondata. Quindi ne era perfettamente a conoscenza e seguiva attentamente questo filone».

Falcone, dunque, secondo le parole di Morvillo, non riteneva infondata quell’ipotesi investigativaSecondo il sostituto procuratore però Falcone si mostrò molto più cauto nel collegare la sparizione del Piazza e l’omicidio di Nino Agostino: «per quanto riguarda la scomparsa dell’agente Agostino e della moglie – afferma Morvillo davanti a Tescaroli – un preteso collegamento con la scomparsa di Emanuele Piazza e conseguentemente prese collegamento con l’attentato all’Addaura, fu qualcosa che avvenne in epoca successiva, abbondantemente successiva. I due processi erano… sono sempre stati separati; soltanto, appunto, in epoca molto successiva furono riuniti…» anche se – ribadisce Morvillo – «anche questo non veniva pre-concettualmente scartata dal dottore Falcone, però lo ricordo anch’io, non c’erano elementi investigativi che avessero un minimo di certezza, un minimo di peso concreto che consentissero questi accostamenti».

Il magistrato, molto prudentemente, non si esponeva senza la certezza di elementi investigativi concreti. Faceva parte della sua statura professionale, del suo modo di operare, della filosofia del pool che portò all’istruttoria del maxiprocesso. Insomma, senza prove certe Falcone non proferiva parola. Ma in quell’intervista rilasciata a Lodato, faceva intendere di aver capito.

In un articolo apparso su Limes (2-2005) a firma del giornalista Salvo Palazzolo, si parla, ad esempio, dei periodici viaggi che Nino Agostino svolgeva a Trapani, dei quali – scrive Palazzolo -  Falcone era a conoscenza. Cosa andava a fare Agostino a Trapani?

All’alba del 1990, quando scoppiò il caso Gladio, Giovanni Falcone – come ribadito in altra sede – richiese espressamente di voler approfondire alcuni aspetti della struttura paramilitare relativamente alla Sicilia. La risposta del procuratore capo, Pietro Giammanco, fu negativa e, anzi, lo stesso Giammanco avocò a se l’indagine. Di fatto, questa, fu una delle ultime inchieste condotte da Giovanni Falcone prima di lasciare la procura di Palermo, infestata dai corvi e dai veleni, per traslocare al ministero di grazia e giustizia a Roma. Un’inchiesta che però, a quanto pare, rimase impressa nella mente del giudice palermitano.

Tanto più se Mauro Rostagno, nell’estate del 1988, due mesi prima di morire, si era presentato in fretta e furia al palazzo di giustizia. Il destino del giornalista, infatti, sembrerebbe collegarsi alla struttura militare operante a Trapani. In un articolo a firma diRino Giacalone (Da Trapani a Mogadiscio per la pericolosa via dell’archiviazione), pubblicato da Articolo21 nel 2007 e successivamente nel libro inchiesta dei giornalisti di Scalettari e Grimaldi,  1994 (Chiarelettere, 2010), si parla infatti del collegamento tra gli omicidi di Mauro Rostagno, Ilaria Alpi e di Vincenzo Li Causi. Quest’ultimo sarebbe il trait d’union tra l’omicidio dei primi due.

Mauro Rostagno – scrive Giacalone – avrebbe filmato un presunto traffico di arminascondendosi in un vecchio aeroporto dismesso, Kinisia (lo stesso dal quale la giornalistaStefania Limiti, nel libro inchiesta Doppio livello (Chiarelettere, 2013), ipotizza sia partito il piper che sorvolò l’autostrada Palermo-Trapani all’altezza di Capaci prima della deflagrazione che uccise Giovanni Falcone), nel quale “uomini in tuta mimetica” scaricavano armi. Il giornalista avrebbe voluto mandare in onda il filmato ma fu fermato prima, trivellato dal piombo, mentre la cassetta contenente il video spariva dall’ufficio della redazione.

Il maresciallo dell’esercito Vincenzo Li Causi, comandante del “centro Scorpione”, la base di addestramento militare di Gladio dalla non precisata funzione, ubicata dalle parte di San Vito Lo Capo, nel trapanese, sapeva di questo traffico di armi? E perché si sostiene che l’imprenditore Giancarlo Marocchino, trapiantato a Mogadiscio ed entrato nelle vicende che riguardano l’omicidio di Ilaria Alpi, sarebbe stato intercettato a parlare di Mauro Rostagno? Il maresciallo ne parlò con la giornalista?  Li Causi poco tempo dopo, proprio nel momento in cui la Commissione parlamentare d’inchiesta richiedeva le sue audizioni, fu spedito in Somalia e nel 1993 morì in circostanze misteriose. Il possibile collegamento tra le tre morti fu un’ipotesi investigativa a lungo vagliata dagli inquirenti, ma il procedimento sul caso Li Causi fu archiviato.

Forse Rostagno (assassinato da Cosa nostra secondo la recente sentenza di condanna emessa a carico del boss trapanese Virga) ne aveva parlato con Giovanni Falcone. Gli approfondimenti richiesti su Gladio del procuratore aggiunto miravano, infatti, proprio alla provincia di Trapani – e in particolare al centro scorpione – in virtù degli spostamenti dell’agente Nino Agostino, al quale Falcone sosteneva di “dovergli la vita”. Falcone forse sapeva, ma non aveva le prove. E quando le sue intuizioni cominciarono ad assumere consistenza, forse, venne eliminato. E le sue intuizioni spazzate via dal pc.

( 20 agosto 2014 )



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